Battute finali a Napoli per il 21.mo Meeting interreligioso di pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. La chiusura questa sera vedrà, dopo la preghiera e la processione, la cerimonia conclusiva con la proclamazione e la firma di tutti il leader religiosi dell’appello di pace 2007. Da domenica ad oggi il capoluogo partenopeo è stato travolto dalla presenza di esponenti delle Chiese cristiane, da rappresentanti dell’ebraismo, dell’islam, del buddismo e di altre fedi, e dai loro costanti e ripetuti appelli alla riconciliazione e alla necessità di intensificare il dialogo tra le religioni. Di una road map per la convivenza, fare delle religioni un nome di pace ha parlato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Questo dialogo è un lungo cammino. Abbiamo, quindi, sempre bisogno di conoscerci di più. Il dialogo è un pellegrinaggio ed un rischio. E’ un pellegrinaggio, perchè giustamente c’è bisogno di molto tempo per conoscersi, per capire le ricchezze dell’altro, ed è un rischio, perché mi pone la domanda: “Qual è il mio Dio, in cui io credo? La mia fede ha un’incidenza sulla mia vita?”. Sono spinto a fare, dunque, una specie di esame di coscienza. Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una piccola difficoltà, ci rendiamo conto di non conoscerci abbastanza. Quindi, abbiamo sempre bisogno di dialogare, di parlare. E’ un travaglio che va sempre portato avanti.
D. – Eminenza, è stata lanciata l’idea di creare una sorta di Nazioni Unite delle religioni quasi per porsi in alternativa all’azione della diplomazia per arrivare in alcuni casi alla pace. Secondo lei, questa potrebbe essere una strada perseguibile?
R. – Personalmente, a prima vista, non mi entusiasma questa proposta. Abbiamo già tante possibilità come religioni per perseguire la pace. Dobbiamo poi sempre ricordare che ciò che insegna lo spirito di Assisi è che è il linguaggio delle religioni è la preghiera. Da un lato, abbiamo la diplomazia, con la sua tecnica e, dall’altra parte, abbiamo le religioni con la preghiera. La preghiera è il linguaggio delle religioni. Prima di pensare, dunque, ad una grande ONU delle religioni cerchiamo noi, uomini di religione, di formare i nostri fedeli alla preghiera per la pace, a formare i giovani a questo ascolto degli altri, delle loro convinzioni. Questo mi pare molto più concreto.
D. – Qui a Napoli è presente anche qualcuno dei 138 saggi islamici, firmatari della lettera indirizzata al Papa e ai capi cristiani circa la richiesta di un maggior dialogo, di una maggiore collaborazione tra islam e cristianesimo. Si risponderà a questa lettera?
R. – Certamente si risponderà, perché è un segnale positivo che è stato lanciato verso i cristiani. Come ho avuto modo di dire ci sono delle novità. Per esempio, quando si parla di Gesù, viene presentato attraverso le citazioni del Nuovo Testamento e non del Corano. Il testo poi non è polemico e ci sono tanti aspetti positivi. C’è questa volontà di collaborare alla pace, attraverso la religione. Il testo dice che musulmani e cristiani assieme rappresentano il 55 per cento della popolazione mondiale e questo è un grande potenziale per contribuire alla pace nel mondo. Il patrimonio positivo contenuto in questo messaggio va raccolto.